La ragazza con l'orecchino di perla

La ragazza con l’ Orecchino di perla è un romanzo storico di Tracy Chevalier che, ispirata dalla vita del pittore fiammingo Johannes Veermer, narra le vicende legate al dipinto dello stesso, “La ragazza col turbante”, narrando la vita del soggetto ritratto.
La storia si incentra su Griet, un’umile sedicenne di Delft di povere origini, costretta ad andare a servizio dalla famiglia cattolica dei Veermer per poter sostenere economicamente i propri genitori. Il padre della ragazza, divenuto cieco dopo un incidente nel laboratorio di piastrelle dove faceva il decoratore, è costretto a lasciare il suo posto di lavoro che, successivamente prenderà il fratello di Griet, e quindi anche obbligato a separarsi dalla figlia, l’unica con l’estro creativo della famiglia.
Come il padre, anche Vermeer si accorgerà della precisione maniacale e del gusto artistico della giovane, creando con lei un rapporto privilegiato, tanto da attirare le critiche e l’invidia da parte della moglie e delle figlie dell’artista.
Le vicende si susseguono molto velocemente fino ad arrivare al dipinto, dove la giovane viene ritratta per una committenza privata, con le perle della moglie dell’artista, ignara dell’opera che si stava realizzando. Saranno proprio le perle mancanti che decreteranno l’allontanamento della ragazza ma anche il suo successivo riscatto, a distanza di anni dopo la morte del pittore, che le lascerà in eredità gli orecchini.
Tralasciando la vita del pittore fiammingo e delle opere che la stessa Griet vede e alle quali collabora, un elemento importante per l’andamento del romanzo è la città nella quale la vicenda si svolge, Delft.
La cittadina olandese, diventa molto importante già nel XIV secolo per la produzione di porcellane dalla colorazione bianco – blu definite proprio con il nome di “Blu Delft”. La storia di questo tipo di porcellane inizia con la massiccia importazione di porcellane cinesi, a seguito della costituzione della Compagnia delle Indie Orientali Olandesi, che è collegata all’arrivo nella cittadina di maestranze ceramiste da Anversa. Il periodo di spicco di queste attività nel campo della porcellana è lo stesso di quello descritto nel romanzo, il Seicento, che si caratterizza per essere il secolo d’oro dell’arte olandese. 
Nel romanzo viene descritta una scena importante in cui il padre, prima di andare a servizio a casa dei Veermer, dona a Griet la sua piastrella preferita: quella decorata da lui con due bambini che giocano, che la figlia porterà con sè. Questo aneddoto che la ragazza racconta in prima persona all’interno del romanzo, ci fa subito capire quanto Griet - e gli olandesi in generale - reputino importante questa produzione all’interno della propria società. Griet descrive inoltre che anche nello stesso studio dell’artista sono presenti questo tipo di piastrelle di porcellana decorata, sottolineando la ricercatezza delle medesime.
Come è stato detto in precedenza, questa decorazione particolare è spesso confusa con quella cinese, anche se la gradazione del disegno in blu è più chiara e i soggetti sono sovente riconducibili a personaggi popolari o paesaggi tipicamente olandesi. La moda della porcellana in questo periodo è molto varia a seconda della zona di provenienza.
All’interno delle vetrine del Museo Leone, purtroppo, non si hanno esempi di porcellane di Delft, ma sono presenti, invece, elementi decorativi molto simili su alcuni piatti, che copiano l’aspetto e l’ornamento rappresentato dai soggetti.

Queste porcellane piemontesi sono databili, all’incirca, verso la seconda metà del XIX secolo lontane, quindi, da Delft e dal Seicento, più volte citato come secolo centrale di questa produzione, ma noi non possiamo sapere se i ceramisti piemontesi dell’Ottocento si ispiravano alla porcellana olandese per le proprie produzioni anche perché, nel corso dei secoli, quest’ultima è stata più volte confusa con la ceramica di Anversa, Parigi e Monaco. 
Griet, con il suo occhio attento e molto curioso, molto probabilmente, avrebbe subito intuito la diversità con le porcellane prodotte nella propria cittadina, ma sarebbe comunque stata orgogliosa che lo stile di Delft venisse ancora copiato nel corso dei secoli.